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Il ruolo del Prefetto nell’antica Roma, dalla Repubblica alla fine dell’Impero

Ufficiale sia della Repubblica romana che della Roma imperiale, era questo il ruolo del Prefetto nella storia romana, operante sia in ambito militare che civile, di rango variabile e solitamente appartenente all’ordine equestre. In ambito militare la prefettura era l’ultimo e il principale grado raggiungibile nella carriera equestre; in ambito civile invece il prefetto non si identificava con un magistrato ma come un sostituto dello stesso.

Il termine “prefetto” deriva dal latino “praefectus” che si traduce con “preposto, messo a capo” (der. di praeficĕre, composto di prae «avanti» e facĕre «fare»). Nella Roma di età repubblicana con questo termine si indicavano quei magistrati che dal pretore urbano erano delegati alla giurisdizione sulle città situate oltre una certa distanza dall’Urbe (dette perciò praefecturae), quindi anche i municipi con piena o limitata cittadinanza romana e le colonie di cittadini romani che rientravano nei territori incorporati nello Stato romano formanti “l'ager romanus”. In età monarchica era presente a Roma il praefectus urbi, designato dal re (e poi, con il passaggio allo Stato repubblicano, dai consoli) come sostituto da preporre al governo della città nel caso di assenza dell’organo di potere. In età imperiale il prefetto della città divenne uno dei più elevati funzionari che Augusto istituì nel corso della sua profonda riforma dell’apparato statale: veniva infatti scelto fra i senatori di rango consolare ed aveva il compito di tutelare la città, essendo anche il capo della polizia nella capitale, disponendo di truppe scelte (le cohortes urbanae); aveva inoltre la giurisdizione criminale, con procedura spedita contro i perturbatori dell’ordine pubblico e le associazioni illecite. In quanto “tutore” dell’ordine pubblico, il prefetto era competente sia per la repressione dei reati sia per la risoluzione di controversie civili, ricollegate all’esercizio delle sue mansioni, oltre che per la vigilanza sul tranquillo e sicuro svolgimento della vita cittadina. Aveva, infatti, il compito di vigilare sulla tranquillità della popolazione, di sorvegliare i luoghi pubblici più affollati e di controllare le varie associazioni esistenti. Rigorosamente provenienti dal ceto equestre, i praefecti praetorio erano investiti di ampi poteri giudiziari, politici ed amministrativi: potevano giudicare al posto dell’imperatore, decidere degli appelli contro le sentenze dei governatori delle province, infine, potevano emettere ordinanze generali. Sotto il regno di Diocleziano i prefetti divennero quattro (Gallie, Illirico, Italia, Oriente), uno per ciascuno dei due Augusti e dei due Cesari, e l’Impero fu così diviso in quattro prefetture e queste in diocesi governate da vicario dei praefecti praetorio. La carica di Praefectus urbi, istituita durante l'epoca regia di Roma (secondo tradizione dallo stesso Romolo), mantenuta in epoca repubblicana e imperiale, sopravvisse a Roma fino alla caduta dell'Impero romano d’Occidente: l'ultima attestazione di un Praefectus Urbi risale infatti al 599.

Fulvio Rocco de Marinis

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